Il futuro dell'Europa: il discorso di Matteo Renzi a Maastricht
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L'Europa sotto i riflettori in Bretagna con Marie-Pierre Vedrenne

In un articolato e lungo discorso registrato il 9 novembre scorso a Maastricht e trasmesso oggi sui suoi canali social, l’ex premier italiano Matteo Renzi, Senatore e presidente in Italia del partito “Italia Viva”, ha tracciato le sue idee per l’Europa del domani.
“Essere a Maastricht oggi è un valore doppio – ha detto Renzi -. Maastricht è per la mia generazione il luogo costitutivo dell'identità Europea. Essere qui è il tentativo di riflettere sull'Europa di domani. Lo stiamo facendo in un giorno particolare: il 9 novembre il muro di Berlino nel 1989 veniva giù. Se Maastricht è il simbolo del percorso economico-istituzionale, la caduta del muro è il simbolo di che cos'è l'Europa: uno spazio di libertà, il trionfo della libertà contro l'oppressione, della democrazia contro la dittatura”.

 

 

 

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Poi Renzi ha continuato: “Oggi più che mai gli Stati Uniti d'Europa sono un obiettivo per noi ancora vero e valido. Proverò a spiegare perché occorre un'Europa più velocità, non un'Europa in cui ci sia il diritto di veto, un'Europa che quindi deve allargarsi non solo geograficamente ma cambiare profondamente nelle modalità e nelle regole del gioco. Un'Europa nella quale occorre l'elezione diretta del presidente della commissione e i commissari devono essere espressione non dei singoli paesi, ma delle scelte politiche e del risultato elettorale. Un'Europa che arrivi all'esercito europeo, un'Europa che abbia la forza di affrontare l'intelligenza artificiale non come minaccia ma come opportunità per far crescere il PIL, che investa sull'aerospazio e che contemporaneamente faccia del climate change una battaglia da combattere non in modo ideologico ma pragmatico e concreto.
Un' Europa che sulla medicina e sulla innovazione tecnologica ad essa collegata costruisca una parte del proprio futuro. Questa Europa che noi vogliamo costruire è un'Europa molto diversa da quella dei sovranisti e dei populisti che parlano per slogan”.

Un passaggio importante del suo discorso Renzi lo ha dedicato alla cultura: “È sul terrorismo che vale la pena spendere una parola nel raccontare questi trent'anni, perché c'è stato l'11 settembre del 2001, un anno che ha segnato la storia del pianeta. Ma il terrorismo ha colpito fortemente anche la nostra Europa è partito non da Paesi stranieri, è partito dalle periferie, dalle banlieue perché lì è mancata la capacità di integrare e di integrarsi, perché è mancata non soltanto la sicurezza militare e della polizia: è mancato il controllo del territorio ma anche il controllo educativo”. E quindi: “Se l'Europa ha un senso è perché è l'Europa della cultura. Senza l'Europa della cultura non c'è futuro per noi. La cultura è l'elemento chiave anche per sconfiggere il terrorismo. Se noi lasciamo che nelle banlieue i cittadini non di prima generazione perdano il senso della identità e del valore culturale dell'appartenenza, se lasciamo questo perdiamo ogni tipo di credibilità come Unione Europea. Non esiste l'Unione Europea senza le proprie radici culturali”.

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Renzi poi snocciola proposte concrete: “Serve più politica significa: elezione diretta del presidente della commissione, liste transnazionali, basta veto, Europa a più velocità, meno commissari, solo 20 commissari e meno burocrazia: è il primo pacchetto di proposte su cui confrontarsi. Noi pensiamo che i sovranisti e i populisti si possono sconfiggere non giocando in difesa ma andando all'attacco e quindi l'elezione diretta del presidente della commissione significa più democrazia: noi pensiamo che l'elezione diretta non sia una deriva autoritaria ma sia una svolta democratica importante”. Ed ancora non basta la Nato, serve l'esercito europeo. E serve la politica estera: “la politica estera dell'Unione Europea oggi non c'è, è un fantasma, è un insieme di documenti burocratici che non producono nulla. Dov'è l'Europa oggi nei Balcani? Dov'è oggi l'Europa in Palestina e in Israele se non a rimorchio delle posizioni di altri? Dove è oggi l'Europa nel tentativo di giocare una partita in Africa?”.
Ed ancora sull’immigrazione: “L'Europa che noi immaginiamo dei prossimi 30 anni sull'emigrazione cambia totalmente modalità. L'immigrazione va gestita con due principi fondamentali: la legalità, se tu non rispetti le regole torni a casa, e contemporaneamente il lavoro. Noi abbiamo degli spazi per poter creare posti di lavoro le cui figure necessarie non sono coperte. Il tema non è creare dei centri di detenzione dei migranti, il tema è creare dei centri di formazione per i migranti”. Sul lavoro: “Un modello di lavoro che porti a combattere la povertà non con i sussidi: un modello di sviluppo che porti l'Europa a valorizzare il lavoro, a pagarlo meglio, a ridurre la tassazione per le aziende”. Sulla sanità: “la prima forma di lotta la povertà è una sanità che sia uguale per tutti, una sanità dove puoi arrivare a farti un esame medico urgente nello stesso tempo, sia che tu sia ricco sia che tu sia povero”.

La conclusione è sull’Europa dei sognatori: “Io credo che quello che ci attende è un percorso molto complesso ma affascinante. Quando 30 anni fa a Maastricht i leader dei 12 paesi decisero di firmare il Trattato di Maastricht probabilmente non avrebbero mai immaginato quanta strada enorme l'Europa potesse compiere. Questa strada oggi non è più sufficiente. Noi non siamo l'Europa che ricorda le intuizioni dei padri, noi siamo l'Europa che vuole accarezzare i sogni dei figli. Per ogni Ulisse che innova, c'è un Telemaco che è chiamato a conservare e a rilanciare quell’eredità: quel Telemaco siamo noi o meglio sono i ragazzi della nuova generazione che tra 30 anni a Maastricht potranno raccontare come l'Unione Europea è tornata a giocare un ruolo tra Stati Uniti e Cina, come è diventata protagonista in Africa, come ha costruito la pace da Gerusalemme a Taiwan, come ha creato posti di lavoro con l'intelligenza artificiale, come è rimasta orgogliosa delle proprie radici culturali. Se saremo capaci di fare questo l'Europa avrà un futuro: noi abbiamo voglia di immaginare un domani dell'Europa che sia un domani di speranza e non soltanto di ricordi”.

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